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La mafia oggi

Il peso della mafia
in questi giorni

"Seguite i soldi e troverete la mafia", ripete il giudice Giovanni Falcone, assassinato solo 25 anni fa da Cosa Nostra. Dopo decenni di negazione dell'esistenza della mafia, la classe dirigente italiana si è avvicinata ad essa solo come una minaccia per l'ordine pubblico. Con le guerre tra clan che negli anni Ottanta seminavano morte per le strade di Palermo e gli attacchi a giornalisti, politici e magistrati, il "cancro" della mafia minacciava soprattutto la solidità delle istituzioni, ma non la salute dell'economia del Paese. Solo nel 1992 la Società Italiana degli Economisti ha iniziato ad interessarsi ad un argomento che fino ad allora era stato appannaggio di sociologi e storici.

Negli ultimi due decenni l'evoluzione della mafia è entrata in una nuova fase. Il borsalino e il solfato sono stati sostituiti da colletti bianchi e trasferiti su conti offshore. E gli sponsor non reclutano più solo scagnozzi che parlano a malapena il dialetto, ma avvocati, finanzieri ed esperti di diritto internazionale.

Infatti, mentre la mafia del sud del Paese è uno Stato alternativo che controlla il territorio per aumentare il suo potere, essa gestisce un'economia parallela in tutta la penisola per trarre profitto dalle sue attività criminali.

 

La 'Ndrangheta calabrese, la più potente mafia del mondo, aveva un fatturato stimato di 53 miliardi di euro nel 2013 (3,5% del PIL italiano), più di McDonald's e Deutsche Bank messe insieme. Con una presenza mondiale con oltre 60.000 affiliati, ha il sopravvento sul traffico internazionale di droga, che da solo rappresenta un fatturato di quasi 24 miliardi di euro. Con Cosa Nostra siciliana e la camorra napoletana, la metastasi del cancro mafioso non poteva che estendersi a tutta l'economia italiana.

Nel 2014, Eurostat ha suggerito di prendere in considerazione tre attività illegali nel calcolo del PIL: la prostituzione, il traffico di droga e il contrabbando di sigarette. Per l'Italia questo rappresenterebbe circa 16 miliardi di euro, pari all'1% del suo PIL. Sommando tutte le attività illegali, dalla contraffazione all'evasione fiscale, il peso dell'economia sommersa sarebbe di quasi il 10% del PIL, pari a circa 150 miliardi di euro, secondo le stime di Bankitalia e della commissione antimafia del Parlamento. Secondo SOS Impresa, la "Mafia SA" sta soffocando il mondo degli affari schiacciandolo con 100 miliardi di euro di tasse illegali, pari al 7% del PIL. Circa un quinto degli imprenditori italiani è segnalato come vittima di varie forme di estorsione, racket e usura.

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Dalle autostrade ai rifiuti

Ciò che vale per i cittadini comuni vale anche per le imprese, soprattutto in tempi di crisi economica acuta e di recessione.

Molti di loro non hanno esitato a scendere a compromessi per garantire la loro sopravvivenza, rimanere competitivi o semplicemente consolidare i loro profitti.

Le grandi imprese hanno così fatto ricorso ai clan mafiosi per il subappalto, il che consente loro di ridurre i costi, in particolare per quanto riguarda la protezione della manodopera e delle attrezzature.

 

Negli anni '60 e '70, gli imprenditori del nord, incaricati della costruzione del tratto autostradale Salerno-Reggio Calabria, si recarono così a trovare i soci della locale 'Ndrangheta, dando un enorme impulso alla sua crescita.

Più recentemente, non hanno esitato ad affidare alla Camorra la gestione dei rifiuti industriali. Dagli anni Ottanta, quasi 10 milioni di tonnellate di rifiuti tossici sono stati sepolti illegalmente in Campania.

 

Se lo Stato non è in grado di sradicare la criminalità organizzata, il suo (eccessivo) costo deve quindi essere gestito nel miglior modo possibile. Il problema è che l'Italia e la mafia sono come due aziende rivali.

E la prosperità dell'uno condiziona la prosperità dell'altro.....

Fonte:

Di Olivier Tosseri per "Les Echos" 

Pubblicato il 28 giugno 2017

Aggiornato il 6 agosto 2019

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Silvio Berlusconi, il "protetto" di Cosa Nostra?

Se le mafie sono profondamente radicate nel Sud, dove ostacolano lo sviluppo, pur assumendo talvolta il ruolo di Stato sociale fallimentare, si sono da tempo infiltrate nel tessuto economico del Nord.

Le interminabili cronache mediatiche e giudiziarie che moltiplicano gli esempi di gare d'appalto truccate e di corruzione nelle regioni settentrionali hanno da tempo rotto la negazione della loro presenza al di fuori della loro culla meridionale. Tra il 2005 e il 2014, 120 operazioni antimafia, con arresti e oltre 1.500 condanne, sono state effettuate a nord di Roma, una al mese.

Oltre ai grandi cantieri, essi riguardano principalmente i settori immobiliare, edile, della ristorazione e alberghiero.

Le organizzazioni criminali non arrivano su un terreno conquistato ma favorevole, approfittando della famosa zona grigia che caratterizza il rapporto tra gli italiani e la legge.

 

Il tradizionale clientelismo e la collusione tra ambienti politici e commerciali è un fertile terreno di coltura per costruire rapporti con quelli della mafia. Il milanese Silvio Berlusconi, il più importante uomo d'affari del Paese, il "protetto" di Cosa Nostra tra il 1974 e il 1992, non era forse sospettato di giustizia? 

"Il rispetto delle regole è stato visto in passato come in contraddizione con la necessità di avere un lavoro, di avere un reddito, di provvedere alla propria famiglia", ha detto il Censis, l'istituto italiano di ricerca socio-economica, nel suo ultimo rapporto sulla contraffazione.

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